Associazione Culturale Aristocrazia Europea

lunedì 22 febbraio 2016

ASSOCASTELLI 2016



I nobili si alleano per vincere la crisi

Mantenere le dimore storiche costa troppo: marchesi e baroni uniti per resistere. E rilanciare il turismo

IL GIORNALE - Articolo di Michelangelo Bonessa
 Rassegna Stampa 22 febbraio 2016

 
Le nuove leve dell'aristocrazia terriera partono lancia in resta. Un centinaio di nobili e ricchi borghesi si è unito in un'associazione per rilanciare economicamente le rispettive proprietà immobiliari: i tempi sono duri per tutti e non si possono manutenere facilmente castelli e edifici storici.
 
Per questo è nata a Milano Assocastelli dall'iniziativa delle nuove generazioni del bel mondo: l'età media degli aderenti, che possono contare su testimonial europei d'eccezione come l'Arciduca d'Austria Carlo d'Asburgo e il Granduca di Russia George Romanof, è di 45 anni. E in gran parte provengono dal Nord Ovest italiano, Piemonte e Lombardia in testa, proprio le stesse zone dove il Conte di Cavour e l'aristocrazia illuminata ottocentesca importarono dall'Inghilterra il modello del proprietario terriero imprenditore. Una figura opposta per valori a quella del nobile nella concezione spagnola, dove l'ideale era una persona il più distaccata possibile dalle cose materiali come la gestione dei propri fondi. E sull'esempio dell'artefice dell'Unità italiana anche i cento di Assocastelli, che ha tra i suoi fondatori i baroni Ivan Drogo Inglese e Roberto Jonghi Lavarini e l'avvocato Federico Filippo Oriana, vogliono «creare un sistema virtuoso e sinergico di accoglienza turistica, organizzazione di eventi pubblici e privati, e valorizzazione de territorio, della enogastronomia e dell'artigianato locale, attraverso una serie di iniziative sociali ed il lancio di una nuova piattaforma internet, con particolare attenzione alla possibile clientela americana, russa e cinese». Diventare cioè il motore economico per molte comunità. In alcuni casi si tratterà di potenziare quanto già iniziato: il Marchese Giacomo Cattaneo Adorno Giustiniani di Gabiano è proprietario dell'omonimo castello e produce vino, così come per il castello di Piovera del Conte Alessandro Calvi di Bergolo e Rocca Saporiti. O come per il barone Giulio Cesare Ferrari Ardicini, la cui famiglia è proprietaria di storici palazzi in Lombardia e Piemonte oltre che della tenuta agricola Colle Alberti nel Chianti. La nuova unione è nata tra gli aderenti dell'Associazione Nazionale tra le Società di Promozione e Sviluppo Immobiliare (Aspesi) e circa il 70% dei soci appartiene a famiglie della aristocrazia storica, anche se vista l'età media parliamo delle nuove generazioni. Un gruppo che non ha finalità politiche, ma imprenditoriali e che punterà su alcuni mantra di oggi come la qualità del made in Italy. E che potrebbe rappresentare una leva economica per molte zone depresse della penisola visto che i timidi segnali di ripresa si avvertono soprattutto nelle grandi città e nei pochi centri industriali rimasti. Dallo stesso clima innescato dall'aristocrazia imprenditoriale ottocentesca scaturirono le energie per grandi opere come il canale Cavour: con i suoi 83 chilometri è una delle più vaste opere di ingegneria idraulica in Italia e ha permesso lo sviluppo delle zone agricole di Vercelli e Novara. E, oltre che essere fondamentale tutt'oggi per l'economia del territorio, all'epoca fu costruito in tempi record: approvato dal Parlamento nel 1862, fu completato del 1866. Tre anni per un'opera di quasi cento chilometri e che attraversava diverse Amministrazioni e strade. Confrontarlo con qualsiasi cantiere statale odierno sarebbe impietoso. E comunque questi cento aderenti sono solo l'inizio: i fondatori non vogliono fermarsi qui, ma ampliare gradualmente i soci anche oltre i confini nazionali. Per questo i testimonial come Carlo d'Asburgo e George Romanoff sono più che un semplice volto. E sembra che saranno coinvolti anche i principi italiani Emanuele Filiberto di Savoia e Carlo di Borbone delle Due Sicilie. L'obiettivo finale è un network internazionale di attività in tutto il continente: «Si tratta di riprendere alcune buone tradizioni del feudalesimo - spiega il barone Jonghi Lavarini - come il contatto con il territorio». Si torna indietro, per andare avanti.
 
 
 
 


venerdì 19 febbraio 2016

Comitato Mondiale per la Pace.


 
Il Barone Ivan Drogo Inglese di San Giacomo del Pantano (Presidente nazionale di Assocastelli, Delegato dell'Ordine Imperiale dell'Aquila d'Oro), il Duca Francesco Paolo Scarciolla del Gavatino di Torre Spagnola (Ambasciatore del Comitato Mondiale per la Pace), da anni impegnato nella tutela delle minoranze etniche, linguistiche e religiose; ed il Barone Roberto Jonghi Lavarini (tra i promotori della Associazione Culturale Aristocrazia Europea).

giovedì 11 febbraio 2016

ASSOCASTELLI



 
Nasce a Milano, in collaborazione con ASPESI (Associazione Nazionale tra le Società di Promozione e Sviluppo Immobiliare), ASSOCASTELLI (Associazione Proprietà Castelli, Palazzi e Ville d'Italia), a tutela e sostegno culturale, legale, legislativo ed economico dello straordinario patrimonio storico, artistico, ambientale, identitario ed enogastronomico del territorio italiano. Questi i soci fondatori: Barone Dott. Ivan Drogo Inglese (Presidente), Conte Dott. Alessandro Calvi di Bergolo e Rocca Saporiti (vice Presidente), Avv. Federico Filippo Oriana (Presidente ASPESI), Barone Dott. Roberto Jonghi Lavarini (Aristocrazia Europea), Marchese Giacomo Cattaneo Adorno Giustiniani di Gabiano, Marchese Giuseppe Lupis Rogges, Arch. Aldo Cichero. Informazioni: tradizioneuropea@gmail.com

mercoledì 3 febbraio 2016

AFS – Vereinigung Schweizerischer Familien

Die Schweizerische Eidgenossenschaft existiert in ihrer heutigen Form erst seit 1848. Zuvor war die Eidgenossenschaft eine Konföderation mehrerer Staaten, die seit ihrer faktischen Unabhängigkeit vom Heiligen Römischen Reich, d. h. seit 1499 durch Allianzen mit einander verbunden waren.
Diese Staaten hatten das Recht zu adeln, sofern sie dies wünschten; die oberste Gewalt lag in den Händen des jeweiligen Souveränen Rates. Daher sind die Ursprünge des Schweizer Adels unterschiedlich:
Im Mittelalter finden wir auch auf dem Gebiet der heutigen Schweiz den Feudaladel, der in seinen sozialen, ökonomischen und politischen Strukturen der allgemeinen Situation in den anderen Reichsgebieten entspricht.
Seit dem XV. Jahrhundert bildeten Städte wie Bern, Luzern, Freiburg und Solothurn mit ihrem Aufstieg eigene aristokratische Staaten, deren oberste Gewalt in den Händen eines Souveränen Rates lag. Diesen Räten kam die Stellung souveräner Landesfürsten zu; so befand sich die Bevölkerung ihrem Rat gegenüber in derselben rechtlichen Beziehung wie Untertanen gegenüber ihrem König in Monarchien. Jedoch unterschieden sich die Souveränen Räte dieser Republiken von Monarchien dadurch, dass es sich um   Kollektive handelte. Diese Kollektive erneuerten sich durch Kooption und gehorchten dabei den striktesten aristokratischen Prinzipien. Es entstand einheimischer Adel mit bürgerlichem Wurzeln, der sich mit dem Adel der Feudalzeit vereinte.
In den Gebieten der Fürstbischöfe von Basel, Chur, Konstanz und Sitten sowie der Fürstabteien wie z. B. St. Gallen finden wir einen Dienstadel, der sich bis zum Ende des Ancien Régime behaupten konnte.
Im Hochmittelalter gehörte Neuenburg zum Königreich Burgund. 1032 erhielt der Salier Kaiser Konrad II. Neuenburg als Erbe. Damit entstand ein eigenes, vom Heiligen Römischen Reich unabhängiges Fürstentum, welches dann bis 1707 unter der Regentschaft des Hauses d’Orléans-Longueville und bis 1848 unter der des Hauses Hohenzollern stand. Neben adligen Familien der Feudalzeit gibt es in Neuenburg daher Familien, die vom König von Frankreich oder vom preussischen König geadelt worden sind.
Seit dem Ende des Ancien Régime gibt es in der Schweiz keine neuen adligen Familien mehr. Gemäss Art. 4 der Schweizerischen Bundesverfassung gibt es in der Schweiz keine Untertanenverhältnisse, keine Vorrechte des Orts, der Geburt, der Familien oder Personen. Der Adel hat heute keine rechtliche Grundlage mehr. Schweizer führen grundsätzlich keine Titel, weder beim Zivilstand noch in offiziellen, administrativen oder beruflichen Beziehungen.
In den Zivilstandsregistern ist das Adelsprädikat meist integraler Bestandteil des Namens oder fehlt sogar.
AFS – Vereinigung Schweizerischer Familien
 
Die AFS (Association de Familles Suisses) oder Vereinigung Schweizerischer Familien wurde 1982 gegründet. Ihre Mitglieder stammen aus Familien des historischen Adels, und die große Mehrheit dieser Familien ist schweizerischen Ursprungs. Die AFS ist auch für ausländische Mitglieder offen, welche in der Schweiz ansässig sind und deren Familien dem europäischen Adel angehören.
Die AFS vertritt die Schweiz bei der CILANE, dem Dachverband der europäischen Adelsverbände mit Sitz in Paris (Commission d’information et de liaison des associations de noblesse d’Europe).
 
Aktivitäten - Die AFS organisiert Vortragsveranstaltungen, welche im Zuge der jährlichen Mitgliederversammlung mit anschliessendem Diner stattfinden.
Im zweijährigen Turnus findet das Internationale Jugendwochenende der Schweiz des europäischen Adels statt, welches es den jugendlichen Mitgliedern des europäischen Adels erlaubt, am zeitgleich stattfindenden Adelsball der Schweiz Kontakte zu knüpfen.
Über das Jahr verteilt finden weitere Veranstaltungen für unsere Mitglieder und deren Familien statt, wie Museums- und Ausstellungsbesuche sowie Ausflüge, um auch den jüngsten Familienmitglieder eine Freude zu bereiten.
 

I Walser italiani del Monte Rosa.



 
La parola walser deriva dal tedesco walliser, che significa abitante del cantone Vallese, in Svizzera, dove questa popolazione di origine germanica si insediò intorno all’VIII secolo. Le ondate migratorie successive che, grazie a condizioni climatiche particolarmente favorevoli, li portarono ad attraversare le Alpi e a insediarsi in Piemonte e Valle d’Aosta, si possono far risalire all’inizio del XIII secolo.
La lingua di questa popolazione è quindi di origine germanica e appartiene al gruppo dei dialetti alemanni dell’alto tedesco (o «altissimo alemanno»), diffuso nella parte più orientale della Svizzera. Nel corso dei secoli l’influenza delle parlate locali causò una serie di mutamenti, e gli idiomi walser si diversificarono a seconda delle zone di insediamento. La parlata di Gressoney è considerata la più arcaica, quella che ha subito minori contaminazioni, mentre quella di Formazza e Macugnaga ha risentito maggiormente dell’interazione con il vicino Vallese, e quella di Alagna, Rima e Rimella dell’interazione con l’italiano. Al di là delle varianti, gli idiomi «titzschu» o «titsch» – così la gente delle valli definisce la propria lingua - sono accomunati da alcune marcate caratteristiche tipiche delle lingue germaniche, quali la presenza della declinazione di sostantivi e aggettivi (come nel tedesco, che ha conservato i casi nominativo, genitivo e dativo), e dei tre generi, maschile, femminile e neutro. Se buona parte del vocabolario è di origine germanica, il titsch ha adottato parole dai dialetti italiani e dal francoprovenzale, specialmente per oggetti e idee della modernità.
Non sono molte le fonti letterarie. A partire dal XVIII secolo si trovano le prime testimonianze scritte, costituite da lettere di emigrati o documenti manoscritti da parroci. Le donne e gli anziani hanno tuttavia dato un enorme contributo a mantenere viva questa lingua, che si è tramandata oralmente di generazione in generazione, anche grazie all’usanza di intrattenere la famiglia riunita nel tepore della stube, con il racconto di un vasto repertorio di filastrocche e leggende nelle lunghe sere d’inverno.
Numerose iniziative vengono promosse per la tutela di questo patrimonio linguistico, per garantire la memoria storica e valorizzare il patrimonio culturale lasciato sul territorio dalla comunità walser: in Valsesia è stato creato per questo un polo museale dedicato alle tradizioni e alle attività contadine.
 
Esperti conoscitori della montagna, avvezzi ai climi rigidi, i walser trovarono nelle Alpi Pennine, Lepontine e Graie - che contano alcune delle maggiori vette e dei più alti valichi di tutta la catena - un ambiente ideale dove insediarsi. Ed è in questi territori montuosi, ancora oggi pressoché incontaminati, caratterizzati da piccole borgate, pascoli d'alta quota, boschi e ambienti rocciosi improduttivi, che questo antico idioma è ancora parlato dalle poche centinaia di persone che formano la comunità walser delle valli Ossola, Formazza, Sesia e Anzasca. La colonizzazione dei walser in questo territorio fu pacifica, data la natura climaticamente e geograficamente impervia e inospitale dei territori occupati. Non toglievano terra a nessuno insomma: andavano invece a dissodare e civilizzare ambienti mai abitati dall'uomo.
Il massiccio del Monte Rosa (4634 m), la seconda vetta delle Alpi, è centrale all'area di stanziamento delle popolazioni walser. Oggi lo vediamo ammantato di ghiacci perenni, tanto da sembrare, per la sua enorme estensione territoriale, una invalicabile barriera tra i due versanti alpini. Tuttavia, intorno al XIII secolo numerosi passi alpini, oggi di esclusivo interesse alpinistico, erano liberi dai ghiacci e percorribili non solo a piedi, ma anche con carri, bestiame e masserizie. È oggetto di dibattito tra gli studiosi quali fossero i percorsi transalpini che portarono piccoli gruppi di coloni walser a popolare questo comprensorio.  Due sono gli itinerari possibili attraverso il massiccio del Rosa: il colle del Lys (4248 m), in walser Lysjoch, tra la valle omonima in val d'Aosta e la Mattertal in Vallese, oppure il più facile ma lungo percorso attraverso il colle del Teodulo (3316 m), in walser Théoduljoch, tra la Mattertal e la Valtournenche, quindi il colle Superiore delle Cime Bianche (3106 m) e il colle della Bettaforca (2727 m), in walser Bättforko, tra la val d'Ayas e la valle del Lys. Valichi più accessibili mettevano poi in comunicazione queste valli con la vicina val Sesia e Anzasca. Più facili passi permettevano l'accesso alla val d'Ossola e alla val Formazza dalla valle del Ticino e dal Sempione.
Le ragioni della migrazione furono la crescita demografica che interessò tutta l'Europa in epoca altomedievale, oltre agli incentivi offerti dalle varie autorità territoriali a Sud delle Alpi. Gli ordini monastici e i conti di Biandrate - signori della Valsesia, con feudi nel Vallese - garantivano ridotti gravami fiscali e libertà personale a chi colonizzava questi territori, divenuti oltretutto interessanti grazie alla fase climatica calda. Le comunità walser erano portatrici di tecnologie (in agricoltura, forestazione, edilizia) assolutamente innovative e originali. Per questo i walser sono riusciti a sopravvivere anche alle mutate condizioni ambientali, a partire dal XIV secolo, quando la piccola era glaciale causò un avanzamento dei ghiacciai e la chiusura di molti passi alpini, oltre a una netta perdita di terre coltivabili e pascoli. I walser hanno mantenuto nei secoli una forte identità culturale e mostrato un solido attaccamento ai costumi, alle tradizioni e alla lingua. Le comunità walser sono tuttora dedite, oltre che al turismo, alle attività artigianali e agro-silvo-pastorali. Vantano eccellenze nell'artigianato del legno e nella produzione di formaggi d'alpeggio.
La comunità walser piemontese è suddivisa in dodici comuni tutti situati nelle province di Vercelli e del Verbano-Cusio-Ossola e mantiene legami saldi con le comunità walser che risiedono nella svizzera tedesca.
 
La casa walser rispecchia lo stile di vita di questa gente, abituata da sempre a convivere con l’isolamento e i rigori invernali. È infatti un microcosmo autosufficiente, che racchiudere in un corpo unico abitazione, fienile, stalla, falegnameria, filanda, caseificio. Testimonia allo stesso tempo dell’operosità e dell’abilità artigiana di questa popolazione. È una casa che deve quindi fornire protezione dal freddo, spazi dove poter confezionare vestiti per la famiglia, dove accumulare provviste, dove produrre formaggio e fare il pane (operazione che in passato veniva svolta un paio di volte l’anno), dove filare e tessere la canapa. È insomma costruita all’insegna della funzionalità, con i materiali del luogo (pietra e legno), utilizzati con estrema maestria. Il risultato è una costruzione di grande armonia, che si regge su un basamento in pietra a secco, con la parte sovrastante di legno di larice a incastro e un tetto costituito da lastre di pietra locale dette «piode», disposte a squama di pesce. Al piano seminterrato si trova la stalla (godu) e il soggiorno (stand), che sono ambienti comunicanti, quindi la cucina (firhus) e il locale adibito alla tessitura della canapa. L’arredamento, interamente in legno è essenziale: tavolo ribaltabile, panche. Non manca mai un fornetto murato in pietra ollare. Al piano rialzato, sopra la stalla, si trova la camera da letto, sobriamente arredata, con alcova, armadio a muro, cassapanca con la dote della sposa e culla. Al primo piano si trova il fienile dove si ripongono gli attrezzi agricoli, completamente circondato da un loggiato che, oltre a svolgere una funzione fondamentale – l’essicazione del fieno, della segale e della canapa – serviva anche da isolante.
La tipologia della casa walser in val Formazza si discosta dalle altre, richiamando quella del Vallese, in cui la parte abitativa è separata dagli altri fabbricati. Tratto distintivo dei granai sono i caratteristici funghi in pietra che sorreggono la struttura lignea isolandola così dall’umidità del terreno e dai roditori.
 
I walser sono cattolici e hanno in S. Teodulo e S. Nicola i loro santi protettori. Come per tutte le popolazioni isolate, la loro religiosità è ricca di credenze di origine pagana più antica. Molte sono le consuetudini che affondano le radici nel passato più arcaico. Sulla parte di tetto sovrastante l'ingresso veniva talvolta collocata una pietra bianca triangolare la cui funzione era di proteggere la casa dagli spiriti maligni. Altro elemento della religiosità sincretica che caratterizza questa popolazione è la «finestra dell'anima», che veniva dischiusa quando un membro della famiglia era in punto di morte, facilitando così l'anima del defunto nel suo percorso verso l'aldilà e prontamente richiusa subito dopo il decesso per impedire all'anima di fare rientro nella casa turbando la serenità dei vivi.
 
Parte fondamentale dell'economia walser era l'allevamento del bestiame. I prodotti caseari (latte, ricotta e formaggio) erano infatti la base della loro alimentazione, insieme alle patate e alla polenta, arrivate sulle Alpi in epoca moderna. Ancora oggi re della produzione casearia della val Formazza, il bettelmatt è un formaggio a pasta compatta, color oro, simile alla fontina, ma dal sapore delicato, lievemente erbaceo, inimitabile. Sappiamo che i primi colonizzatori che giunsero in Italia dai valichi alpini nel Medioevo producevano già questo formaggio, così pregiato da essere utilizzato come merce di scambio. Prodotto oggi in quantitativi molto limitati - circa 3000 forme all'anno - in una manciata di alpeggi dell'alta valle, situati fra 1800 e 2400 m, il Bettelmatt ha un periodo di maturazione che va da un minimo di 60 giorni fino a oltre un anno, trascorso il quale si ottiene la tipica forma del peso di una decina di chili. L'oro dei walser è pronto.
 
Quello che in origine era il tracht, un costume unico, comune a tutte le genti walser, è scomparso, spazzato via gradualmente con il trascorrere dei secoli dalla contaminazione con particolari tratti dai costumi delle popolazioni locali. L’abbigliamento walser si è così diversificato nei vari costumi caratteristici di ogni valle. Pur nella semplicità che li accomuna tutti, si può comunque tracciare una linea di demarcazione tra il costume da lavoro, essenzialmente funzionale e disadorno, confezionato con materiali grezzi e resistenti, come la mezzalana (un misto di lana e canapa) e quello festivo, riservato alle grandi occasioni, ornato da ricami, fili dorati e argentati e completato da scialli di seta. Tipico esempio di contaminazione del tracht con il costume delle popolazioni autoctone è il puncetto, che arricchisce i costumi femminili valsesiani. La sua origine è sconosciuta, anche se alcuni lo fanno risalire addirittura alle incursioni saracene sulle Alpi. La sua funzione originaria era quella di unire tra loro i lembi dei teli di canapa, ma ha assunto con il tempo un ruolo prettamente decorativo, per impreziosire lo scollo o le maniche della camicia. In origine, il puncetto che ornava il collo ne seguiva la linea ed era quindi arrotondato, in epoca più recente si è diffuso il davantino squadrato, con disegni sempre diversi, a testimoniare l’abile manualità delle puncettaie. Pochissimi gli elementi di decorazione – qualche ricamo sul panciotto o sulla papalina – mitigano il carattere austero del costume maschile. Completano l’abbigliamento gli scapin (schokka in walser), tipiche calzature valsesiane di tessuti riciclati, con suola di pezza cucita con corda di canapa. Se in origine erano neri o marrone, oggi vengono prodotti in vari colori e con decorazioni ricamate e nastri.

Piverone 2015 - Walser Blaskapelle


martedì 2 febbraio 2016

Walser Uradel Kulturverein e Aristocrazia Europea.


 
ROBERTO JONGHI LAVARINI von URNAVAS
con GEORGE ROMANOFF di RUSSIA 
 
 
 
Uno zar a spasso per Milano. Romanoff fa impazzire i super-vip.

Si è conclusa la visita ufficiale milanese di Sua Altezza Imperiale il Principe Zarevic George Romanoff, Granduca di tutte le Russie. Il giovane e simpatico principe russo, oltre ad essere il legittimo erede al trono degli Zar…

 
Si è conclusa la visita ufficiale milanese di Sua Altezza Imperiale il Principe Zarevic George Romanoff, Granduca di tutte le Russie. Il giovane e simpatico principe russo, oltre ad essere il legittimo erede al trono degli Zar, e devotissimo rappresentante del Patriarcato Russo Ortodosso di Mosca, è ambasciatore culturale e commerciale della Russia, in perfetta sintonia con il governo e le politiche del presidente Vladimir Putin, del quale, oltre ad essere sostenitore e collaboratore, è amico personale.

Per questo, oltre ad incontrare la comunità russa ortodossa di Milano ed i rappresentanti dell’aristocrazia europea, nel corso dei tre giorni, ha anche avuto importanti e strategici incontri istituzionali, con la Regione Lombardia (ricevuto dal presidente Roberto Maroni e dall’assessore Giulio Gallera), con Assolombarda Confindustria, Confagricoltura, Borsa di Milano e Mediobanca. George Romanoff, sempre accompagnato dal suo rappresentante in Italia, il nobile milanese Mario Filippo Brambilla di Carpiano (delegato della Fondazione Imperiale, ente benefico internazionale sulla ricerca sul cancro, e socio dello studio di consulenza commerciale internazionale Romanoff & Patners, con sede principale a Bruxelles), da monsignore Dimitri Fantini (archimandrita della Chiesa Ortodossa di Via Giulini a Milano) e dal barone Roberto Jonghi Lavarini (fra i promotori dell’associazione culturale Aristocrazia Europea, immobiliarista, bene introdotto negli ambienti politici lombardi) ha ufficializzato il suo rapporto di collaborazione con Lombardia-Russia, ed i suoi satelliti in Liguria e Piemonte, la più grande, storica ed organizzata associazione culturale filo-russa in Italia, presieduta da Gianluca Savoini, giornalista esperto di geopolitica.

L’evento certamente più significativo è stata la conferenza che si è tenuta presso lo studio legale Grimaldi, sulle opportunità economiche in Russia e le sanzioni, al quale hanno partecipato un centinaio di selezionatissimi imprenditori ed investitori. Relatori sono stati: Anna Marino (giornalista del Sole 24 Ore), l’avvocato Maurizio Mengassini (esperto di diritto pubblico nazionale ed internazionale), il professore Fabrizio De Marinis (intellettuale, storico e giornalista), l’imprenditore Ernesto Preatoni, Rebecca Bettarini (dirigente di Finmeccanica) e, non poteva mancare, il principe Guglielmo Giovannelli Marconi (presidente del centro studi internazionali Libere Identità Europee).

Fra il pubblico, sono stati notati altri nomi noti dell’imprenditoria lombarda come: Marco Bruciamonti (Farmagan), Ivan Drogo Inglese (ASPESI), Giuseppe Ganassini di Camerati (Rilastil) e Giulio Livoni (MUSA). A conclusione di questo tour imperiale, vi è stato, “va san dir”, un esclusivo ricevimento presso il magnifico palazzo nobiliare dell’avvocato Alessandro Verga Ruffoni Menon, a San Fermo della Battaglia, in provincia di Como, al quale hanno presenziato amici e sostenitori, sia russi che italiani, dello Zarevic e rappresentanti di famiglie storiche, dai Dalla Chiesa ai Paternò, una media di due cognomi a partecipante, come i conti: Giuseppe Manzoni di Chiosca e Poggiolo, Enzo Modulo Morosini di Risicalla e Sant’Anna, Alessandro Romei Longhena e Paolo Vandelli Bulgarelli di Marsciano.