Associazione Culturale Aristocrazia Europea

martedì 27 marzo 2012

Autonomie e libertà nel'antico Ducato d'Aosta



IL DIRITTO CONSUETUDINARIO E IL “COUTUMIER” DELL’ANTICO DUCATO D’AOSTA

Comunicazione tenuta al III Congresso nazionale di Arti e Tradizioni Popolari

TRENTO – Settembre 1934 XII

di Carlo Toesca Di Castellazzo

1° – Fu criterio di governo dei Principi Sabaudi, nelle terre a loro soggette – via per i secoli del loro travagliato, ma sempre più ampio e glorioso dominio – la potestà e facoltà lasciata ai popoli di governarsi con norme particolari, fino a quando venne a dominare la volontà unificatrice di Carlo Emanuele III, che, colle sue costituzioni del 1770, volle e seppe rendere unica la legge in tutti i suoi Stati. Una tale potestà di regolarsi con norme particolare fu essenzialmente concessa dalla Casa Sabauda alla Valle (o Ducato) d’Aosta, terra particolarissima, cinta e chiusa da alti monti, che diedero speciale unità etnica e caratteristica fisionomia al suo popolo; locchè ancor oggi si osserva nella lingua e nel costume.
Il Ducato d’Aosta fu infatti uno dei paesi “qui non jure scripto sed consuetudine reguntur”.
Gli Aostani giurarono assai presto fede alla Casa sabauda. Ai tempi di Pietro II di Savoia (che per il primo emanò, verso il 1267, organiche norme di diritto), sotto lo scettro dei Savoia vi erano le cosidette “patries” di Savoia, del Piemonte, d’Aosta, di Provenza e di Vaud.
Ciascuna aveva i suoi privilegi, i suoi usi e le sue consuetudini, ma nessuna aveva un’autonomia così spiccata come la “patrie d’Aoste” (v. in proposito, F.G. FRUTAZ: Le Coutumier du Duché d’Aoste, ed autori ivi citati, in Rivista “Augusta Praetoria”, settembre 1919; e I. B. DE TILLIERr: Historique de la Vallée d’Aoste, 2a edizione curata dal Mensio, 1888, pag. 360e segg.). Ed i Principi Sabaudi cercarono sempre, nel Ducato d’Aosta, di tenere alto il loro prestigio sui signori del luogo, per mitigarne l’orgoglio e favorire il popolo; tant’è che adottarono la consuetudine, fin dal 13mo secolo, di presiedere essi all’amministrazione della giustizia.
Si ebbero pertanto i cosidetti “Grands Jours” o “Audiences” a cui partecipavano i Vescovi, i signori vassalli (pairs et impairs), i pratici di legge e giustizia, ecc.; e fra i primi atti delle “Audiences”, si rinnovava il riconoscimento dei particolari usi (coutumes) del ducato di Aosta, che tutti i Signoridel Ducato erano tenuti a custodire e ad osservare fedelmente.
Orbene, già negli statuti emanati da Amedeo VIIInel 1430 (Decreta seu Statuta), pei suoi Stati, è detto – nella loro introduzione – che non si intendeva derogare “aux bonnes et louables coutumes du Duché d’Aoste e du pays de vaud, qui ne se servent pas du droit écrit”.
Quali erano allora queste coutumes non ancora scritte, e lasciate alle tradizione popolare? “Quelques unes de ces coutumes“, scrive il DE TILLIER, “toutes particulières aux Valdostains, leur ont été transmises et conservées par tradition: d’autres ont été tirées des ordonnances. franchises et privilèges, que les anciens Seigneurs de ce Duché accordaient à leur justiciables pour de l’argent; mais la plus grande partie sont fondées sur les lois des empereurs ou sur le droit commun, ainsi que sur les régléments faits par les Souverins, du consentement et par le conseil des seigneurs pairs, non pairs et coutumiers, à l’epoque des Assemblées génerales. Les coutumes n’étant pas autrefois redigées par écrit, les plaideurs étaient obligés de faire souvent des enquêtes pour les prouver, surtout lorsqu’ils avaient affaire avec de parties rusées et habiles dans la chicane; ce qui rendait le procès très long et dispendieux” (v. DE TILLER, op. cit., p.382 e seg.; e, per l’influenza burgundica dei coutumes Aostani, v. PATETTA, nel capitolo VII – p. 247 e seg. – del volume su Emanuele Filiberto – Torino, 1928 – edito per cura del Comitato del IV Centenario del Duca Emanuele Filiberto).
Fu Emanuele Filiberto che, il 19 dicembre 1572, concedette al Consiglio generale dei tre Stati (Conseil général des trois Etats) del “Duché d’Aoste” (che ne lo richiese), di riunirsi per provvedere alla redazione per iscritto dei suoi usi (coustumes o coutumes) e norme particolari.
Giova qui ricordare come nel “Duché d’Aoste” si radunasse l’or detto “Consiglio generale” dei tre stati (clero, nobiltà e popolo), per deliberare sulle cose più importanti relative allo Stato ed alla politica , di cui il detto Consiglio era a capo; e come poi alla più diretta amministrazione della cosa pubblica provedesse il “Conseil des Commis” creato nell’anno 1535, quale emanazione, con funzioni direttive ed esecutive, del Consiglio dei tre Stati; il detto Consiglio dei Commessi fu provvida istituzione del Ducato di Aosta. Orbene il Consiglio generale del 12 gennaio 1573 nominò, per questa redazione scritta delle Costumes (o Coutumes), una Commissione che – con successiva lettera 14 maggio 1574 di Emanuele Filiberto – fu fatta presiedere da Giovanni Chiaffredo Ginod, vescovo e signore di Belley, e primo senatore di Savoia (v. FARINET, op. cit., pag, 151 e seg.). Questi, largamente versato nel diritto, si occupò indefessamente di questa compilazione scritta del “Coutumier”, che fu pubblicata, dopo copiosi studi ed ampie discussioni, nel settembre 1586 da Carlo Emanuele I, succeduto ad Emanuele Filiberto (v. FARINET, op .cit., pag. 163).
Il Coutumier ebbe due edizioni, una a Chambéry nel 1588 per cura di Luigi Pomar, ed una seconda ad Aosta, nel secolo sucessivo (e cioè nel 1684), per cura del sig. Riondet. Fu intitolato “Coustumes générales du Duché d’Aoste”: ed è diviso in sei libri, a cui fanno seguito alcuni speciali articoli relativi alla Valle di Cogne. Comprende in tutto 4262 articoli; il primo libro è diviso in 21 titoli e 790 articoli; il secondo i 21 titoli e 769 articoli; il terzo, in 23 titoli e 787 articoli; il quarto in 26 titoli e 721 articoli; il quinto in 16 titoli e 806 articoli; il sesto in 8 titoli e 372 articoli. Il diritto pubblico e privato, il diritto ed il processo civile, e quello penale, vi sono regolati con divisione non sempre euritmica (v. VIORA, Le costituzioni piemontesi, Vol. I, Torino 1928, pag.181 e seg. e avv. LUIGI BRUNI, in una dotta Comunicazione al Congresso Storico Subalpino, 1934).
Sarebbe anzi interessante – ma qui non è possibile, per brevità – confrontare la disposizione delle norme contenute nel Coutumier con quella delle statuizioni e norme di cui nelle sucessive Costituzioni Piemontesi.
Certo è che tutte le norme di diritto, così pubblico come civile e anche penale (e processuale), adottate tradizionalmente in Valle d’Aosta, sono contenute nel Coutumier, ch’ebbe così valore di legge scritta.
Ed occorre qui ricordare che nel Proemio delle Costituzioni Piemontesi del 1723 (emanate, com’è noto, da Vittorio Amedeo II) è appunto detto che “non s’intenderà derogato agli usi ed alle consuetudini del Ducato di Aosta, tanto approvate dai nostri Reali predecessori, che approvate o da approvarsi da noi”.
Così la Vald’Aosta continuò a governarsi col suo Coutumier, anche dopo l’andata in vigore delle prime Costituzioni Piemontesi (anno 1723): e rimasero ad un tempo in vita il Consiglio Generale degli Stati ed il Consiglio dei Commessi. E così pure si mantiene in vigore il Coutumier, colle costituzioni del 1729, nonostante la diversa opinione del Viora, che riteniamo storicamente inesatta ( v. VIORA, op. cit., pag.228).
2° – Fu poi – anche per il Ducato di Aosta – Carlo Emanuele III a togliere vigore a questo Codice particolare della Valle, a cui il suo popolo ere così attaccato.
Ciò avvenne per gradi.
Avendo il Consiglio dei Commessi – in conseguenza della compilazione delle nuove Costituzioni nel 1770 – sottoposto al Sovrano (in seguito a suo Manifesto del Maggio 1770) “les articles du Coutumier et d’autres dispositions qu’il estimait plus avantageux de retenir preferablement aux Royales Costitutions”, Carlo Emanuele III preferì addivenire invece alla compilazione di un nuovo Regolamento per la Valle di Aosta, che contemperasse il contenuto delle nuove Costituzioni (di generale applicazione) colle particolari esigenze di ragion pubblica e privata del Ducato, e non contradicesse alle dette Costituzioni: ma – nel novembre 1770 – non essendo ancor pronto il detto Regolamento e dovendosi attuare le le nuove Costituzioni, Carlo Emanuele III fece pubblicare, in data 20 novembre 1770, dal Senato di Savoia (in 22 articoli) delle lettere-patenti – di carattere interinale e provvisorio – per la Valle d’Aosta. Venne poi il Regolamento 13 agosto 1773 preannunziato da Carlo Emanuele III, e pubblicato dal figlio Vittorio Amedeo III, col quale si applicarono sostanzialmente (in 18 titoli) le regie Costituzioni al Ducato d’Aosta, adattandole però alla Valle. Ma, nell’Editto del 13 agosto detto, che serve di Proemio al detto Regolamento, è così testualmente detto: “Nous declarons en conseguences, et en suivant même l’Intention de feu Roi, que les dispositions qu’il à données, concernant le Conseil du Commis, la Santè, la Police et l’Administrations economique du Duché d’Aoste, ainsi que celles du Coutumier, ne seront plus en viguer, sauf en ce qu’elles sont confirmées par ce Reglement”.
Il Coutumier – in sè – venne così a morte; e rimase solo più – quale grosso volume, nella più comune edizione aostana del Riondet – a figurare sul tavolo dei tabellioni ed avvocati della Valle, come monumento storico di nostalgica ricordanza.
Non si potè pur più adunare, coll’avvento al trono di Vittorio Amedeo III (anno 1773), il Consiglio generale degli Stati; solo si mantenne in vita (però con sminuito potere) il Consiglio dei Commessi.
Colla promulgazione dello Statuto, e colla codificazione, ogni traccia di particolari norme e provvidenze (di ragion pubblica e privata) per il Ducato d’Aosta venne meno:la Valled’Aosta entrò in pieno nell’orbita legislativa ed amministrativa (senza ulteriori eccezioni nè restrizioni) del Piemonte prima, e dell’Italia poi.
Venne così definitivamente e completamente a cessare, per la terra d’Aosta, l’applicazione ed osservanza di quel diritto consuetudinario - assai preciso e concreto nelle sue norme di attuazione – che per parecchi secoli aveva, nei suoi disposti, rappresentato la norma agendi del popolo Valdostano.

Nessun commento:

Posta un commento