Il Vallese
Secondo Cesare (I secolo a.C.) la Valle del Rodano era abitata dai Nantuati, nel tratto inferiore, dai Veragri e dai Seduni nel tratto centrale, attorno a Sedunum (l’odierna Sion). Plinio, nel suo celebre inventario delle genti alpine, colloca nella parte superiore della valle i Viberi, considerandoli imparentati con i Leponti. Secondo quel che è scritto nel “Trofeo delle Alpi”, la più importante fonte epigrafa dell’antica storia alpina, al tempo di Augusto tutte queste tribù di origini celtiche risultavano assoggettate ai romani. Secondo studi toponomastici, solo quelle stanziate più a sud subirono una più forte romanizzazione, mentre la presenza romana si fa più rara risalendo il Rodano, dove appare più radicato il substrato celtico.
La cristianizzazione del Vallese avviene già nel IV secolo: Teodulo, in una cronaca del V secolo, viene citato come il primo vescovo dell’allora capitale Octodurum. In quell’epoca alla dominazione romana succedette quella burgunda: nel 515, il principe burgundo Sigismondo, per celebrare il trionfo del cristianesimo sui culti ariani, fondò il Monastero di Saint-Maurice-d’Agaune, nel basso Vallese dotandolo di vasti possedimenti nella regione. Dopo che i Longobardi distrussero Octodurum, la sede episcopale fu trasferita a Sion. La prima citazione della Contea Vallese (Comitatus Vallisorum) risale all’epoca carolingia allorché, nel 839, venne assegnata a Lontario. Nel 999, Rodolfo III, re di Borgogna, concesse con prerogative sovrane ad Ugo, Vescovo di Sion, e ai suoi successori, la contea vallesana in tutta la sua estensione. Inizia così il lungo dominio dei Vescovi-Conti di Sion, alle dirette dipendenze della corona imperiale (immediatezza imperiale).
Croce sul ponte di Noversch, 1540 Gressoney-Saint-Jean
Trovandosi spesso in balia di interessi egemonistici a sud da parte dei Savoia, a nord da parte degli Zähringen, i Vescovi di Sion trovarono un inaspettato, quanto provvidenziale aiuto da parte di quelli che verranno chiamati “i signori italiani del Vallese”.
La sconfitta di Legnano del 1167 aveva segnato il declino della piccola nobiltà campagnola lombarda che aveva commesso l’imprudenza di allearsi con Federico Barbarossa contro la Lega dei Comuni. La Pace di Costanza sancì poi definitivamente il primato dei comuni sulla nobiltà. Fu così che molti nobili lasciarono gli antichi feudi di pianura per adattarsi alle piccole signorie di montagna, i cui confini spesso non superavano quelli di una valle. Alcuni di loro offrirono al Vescovo di Sion il loro sostegno, in cambio di terre ed investiture feudali. Era costume, nelle signorie ecclesiastiche, che il Vescovo affidasse ai nobili, soprattutto nelle contrade periferiche, l’esercizio dei poteri temporali. Il Visdominato e il Maggiorascato erano i principali poteri concessi ereditariamente alla nobiltà; essi consistevano principalmente in alcune funzioni di governo, come la giustizia, le imposte e l’ordine pubblico.
In principio nel Vallese vi fu un unico Visdominio, ma a partire dal XIII secolo, la contea venne divisa in più “deseni”, ai quali il Vescovo aveva assegnato l’incarico di visdominio o di maggione ad altrettanti dinastie nobili. Il primo visdomino di origine italiana fu Jocelino all’inizio del XIII, quando ancora la sua autorità si estendeva all’intero Vallese; questi apparteneva probabilmente al casato dei signori di Aosta o dei Conti Castello. In seguito alla moltiplicazione dei visdomini e maggiori, e all’ereditarietà delle cariche, si creò nel Vallese un groviglio inestricabile di casate. Tra le principali famiglie ricordiamo gli Aosta, i Castello, i Rodio e gli Ornavasso.
Alla metà del XIII secolo compare nell’alto Vallese un’altra importante famiglia: i Biandrate. Essi furono protagonisti di una ascesa e di un declino altrettanto rapidi: il loro viaggio vallesano si concluse con il massacro sul ponte del Rodano, tra Briga e Nanters, una notte del novembre 1365. I signori italiani dominarono nel XIII – XIV secolo gran parte della contea episcopale dell’alto Vallese. Il desiderio di procurarsi nuovi redditi e di presidiare alpeggi e terre incolte diede loro l’impulso alla fondazione di insediamenti colonici in alta quota su entrambi i versanti della catena che divide il Vallese dalla Lombardia. E chi, meglio degli Alemanni del Goms, poteva proporsi per tali imprese? Forti delle tecniche di bonifica raggiunte in quel territorio aspro, trasmetteranno di valle in valle, di padre in figlio, il patrimonio di una civiltà di colonizzatori alpini: l’arte di aprire radure nel bosco e di utilizzarne il legname per costruire, di coltivare, di dissodare, strappare alla montagna pendii sassosi e trasformarli in pascoli, di scavare canali e gettare acquedotti per il recupero delle acque del disgelo in un clima secco e ventoso.
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